MA COSA SUCCEDE CON LA FERROVIA?
24 aprile 2012. Ho un impegno a Udine nel pomeriggio. Decido però di prendere il treno che parte per Venezia via Portogruaro e di scendere a Monfalcone. Poi lì un quarto d'ora dopo avrei preso il treno per Venezia via Udine. Il perché di questa decisione nasceva da un motivo affettivo. A Monfalcone era iniziata la mia carriera ferroviaria, lì avevo lavorato molti anni come Dirigente Movimento. Ogni tanto negli anni successivi ci ero ritornato, e avevo trovato sempre qualcuno della vecchia guardia, o un suo erede. Ma ormai erano molti anni che non ci andavo e la nostalgia c'era.
Sceso a Monfalcone sono entrato nell'Ufficio Movimento. Il Dirigente Movimento presente mi ha accolto molto male e con freddezza. E' proibito entrare! Alla mia spiegazione che in quell'Ufficio tanti anni prima ero di casa, la sua risposta è stata che la cosa per lui era del tutto priva di valore. L'altro Dirigente Movimento arrivato nel frattempo (in servizio ce ne sono sempre due) ha semplicemente ignorato il fatto. Data la evidente ostilità, me ne sono andato.
Fuori sul marciapiede c'erano due agenti Polfer, che vedendovi decisamente turbato mi hanno guardato con attenzione. Così ho spiegato loro cosa era successo, ottenendo il commento "Eh, sono cambiati tempi". Poi per fortuna è arrivato il treno per Udine e così me ne sono andato via da quel luogo ostile.
Il giorno dopo ho raccontato tutto ad un collega in pensione che vive in Lombardia: Questo mi ha risposto che anche lui, andato recentemente in un impianto dove aveva lavorato e che, nonostante il Dirigente Movimento in servizio avesse in passato lavorato con lui e quindi i due si conoscessero bene, questo lo aveva invitato ad uscire con ostilità.
Mi riferì inoltre il caso di un altro collega trentino, addirittura istruttore RFI, che in un suo viaggio aveva notato in una stazioncina un vecchio apparato di quelli ormai d'altri tempi, era sceso dal treno per vederlo meglio, e nonostante si fosse presentato come istruttore RFI era addirittura stato buttato fuori dall'ufficio movimento con molta scortesia.
Poi parlando con un amico macchinista in pensione questo mi ha detto che, salito su di una elettromotrice e affacciatosi alla cabina di guida presentandosi come un collega in pensione praticamente gli hanno chiuso la porta in faccia.
Viene da domandarsi: ma dove è finita la ferrovia dove si era tutti colleghi e dove, ovunque si andava, e ci si presentava come un ferroviere di passaggio, si veniva accolti con simpatia a braccia aperte?
Corrono delle voci che questi episodi sono collegati alla presenza di ispettori in borghese che girano per le stazioni e per i treni controllando che il personale non abbia contatti con estranei, non solo estranei alla ferrovia, ma persino estranei al tipo di lavoro svolto e appartenenti ad un altro settore. Negli uffici compartimentali sono inoltre sempre più le stanze che il personale deve chiudere a chiave in modo da renderle inaccessibili a chi non è collegato con il tipo di lavoro che vi si svolge. E semplicemente per accedere agli edifici degli uffici occorre una procedura di identificazione dalla quale, almeno per il momento, sono escluse per fortuna le impronte digitali.
La ferrovia insomma pare essere diventata, dalla famiglia di un tempo, un'accozzaglia di "separati in casa". Si dirà che a questo può aver contribuito il divario generazionale. I giovani d'oggi sono sempre più isolati, chiusi nel loro mondo di computer e SMS, incapaci di relazionare se non via internet. Tutto questo è vero, ma non è sufficiente. Dopotutto il Dirigente Movimento da me incontrato a Monfalcone non appariva giovane, d'aspetto aveva sicuramente passato i quaranta; e il collega del mio amico in pensione marcia verso la sessantina. E allora vuol dire che c'è dell'altro.
Non è certo un mistero che da un paio d'anni il nuovo giornale della ferrovia "Linea diretta" venga definito dal personale FS "la nuova Pravda" ricordando l'Unione Sovietica di un tempo. Tutto va bene, tutto è perfetto, tutto è giusto e ben fatto, se succede qualcosa si tratta di fatti trascurabili e banali - tipico esempio il recente deragliamento di un Eurostar in entrata a Roma Termini, ha deragliato, un carrello si è staccato ed è finito a dieci metri di distanza., il convoglio è finito addosso ad un altro Eurostar che viaggiava parallelo, schianto, vetri rotti..."un lieve sfioramento"...una gentile carezza fra due treni evidentemente innamorati. Per contro se in una ferrovia estera vi è un urto in manovra, ecco subito la mancanza di sicurezza, il grave incidente, le carenze gestionali, la scarsa affidabilità!
Quello che poi fa meditare su quanto accaduto a Roma Termini è il fatto riferito dalla stampa che la prima misura presa pare sia stata l'isolamento della zona dell'incidente in modo da impedire che giornalisti e curiosi potessero avvicinarsi troppo.
Questa ferrovia diventata troppo ermetica, che blocca l'accesso alle stazioni, che fa chiudere a chiave gli uffici, che minimizza eventuali incidenti, che insomma pare diventata un "segreto di stato" ancora maggiore di quella che era stata la ferrovia del periodo fascista, quando era sotto stretta sorveglianza da parte della milizia, induce a delle riflessioni. Ai tempi del fascismo la tutela stretta della ferrovia era collegata a motivi strategici e militari, in quanto in pratica la ferrovia era in un certo senso militarizzata. Ma oggi, nell'Europa della libera circolazione, nei tempi della democrazia e della libertà d'informazione?
Se le misure adottate sono quelle sopra descritte, allora bisogna concludere che vi è qualcosa da nascondere. Chi fa bene le proprie cose ed agisce con chiarezza non si comporta così. Forse in realtà non vi è nulla da nascondere, perché è legittimo domandarsi che cosa in ferrovia vi sia effettivamente da nascondere, e se per le stazioni, per i treni e per gli uffici girino veramente persone con loschi intenti. Ma questi sono gli ordini che arrivano dall'alto.
Il vero problema è che chi sta in alto prima o poi viene sostituito, ma purtroppo la sua azione, essendo stata inculcata nelle giovani generazioni che dovranno poi essere nel futuro le nuove generazioni della ferrovia, sarà portata avanti con questo modo di agire per lungo tempo, creando così una ferrovia sempre più emarginata e distaccata da quello che è il motivo per cui essa stesse esiste ed è sinora esistita, essere al servizio del paese e dei suoi cittadini, definiti con termine moderno clientela. Servizio che pare negli ultimi tempi, in ossequio alle sole logiche di profitto, sia stato alquanto dimenticato.
Dr. Paolo Petronio
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